Il presidente dell’Italia dei Diritti, poliziotto e giornalista, interviene sulla sentenza che punisce con un anno di reclusione il boss di Ostia e racconta l’aggressione ai suoi danni e la clamorosa censura disciplinare della Polizia di Stato, lamentando l’indifferenza della giornalista di Repubblica e neo delegata alle periferie di Roma Capitale nei suoi confronti
Roma, 19 dicembre 2020 – A più di sette anni dall’evento che, secondo l’accusa, avrebbe visto il noto boss di Ostia Armando Spada minacciare di morte la giornalista di Repubblica Federica Angeli, è arrivata, in primo grado la condanna a un anno di reclusione. La Angeli si recò nello stabilimento gestito da Spada per realizzare un’intervista e le minacce in esame sarebbero state rivolte al suo indirizzo per indurla a cancellare un video realizzato nella circostanza.
Sulla pronuncia sentenziale, che riconosce valida l’ipotesi di reato formulata dalla procura capitolina come tentata violenza privata, è intervenuto il giornalista presidente dell’Italia dei Diritti Antonello De Pierro, il quale, anch’egli vittima di un’aggressione con minacce di morte da parte dello stesso esponente del clan Spada, ha tributato alla collega Angeli, da anni sotto scorta, numerose espressioni di solidarietà, fino a dedicarle un premio ricevuto qualche anno fa ad Aprilia, un riconoscimento valoriale che, nell’occasione, aveva rivolto anche al giudice Paolo Borsellino e alla sua scorta.
“Quando viene resa una sentenza che sanziona una condotta criminale — ha dichiarato De Pierro —, sempre che l’attività istruttoria e dibattimentale sia stata espletata correttamente per accertare la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio, è sempre una buona notizia. In questo caso purtroppo non riesco a gioire molto, in quanto la giustizia ha in parte perso. Infatti la rubricazione della fattispecie comportamentale riconducibile al reato in esame vedrà abbattersi sulla vicenda processuale la mannaia inesorabile della prescrizione fra non molto tempo. Federica Angeli vive da anni sotto scorta e porta sulla sua pelle le cicatrici inguaribili di un periodo molto duro del suo cammino esistenziale. In ogni caso questa vicenda, che la vede vittima, ha avuto un esito quantomeno accettabile e comunque frutto di un percorso logico e regolare sotto il profilo giuridico, partito dall’acquisizione della notizia di reato, passato dalla disamina valutativa della sua fondatezza durante la fase delle indagini preliminari, approdato al rinvio a giudizio e, dopo la formazione, in sede dibattimentale, di una piattaforma probatoria tale da dare compiutezza al libero convincimento del giudice circa la colpevolezza dell’imputato, giunto alla statuizione sentenziale di condanna “.
Nel 2007 Armando Spada si recò a casa di De Pierro, accompagnato in macchina da Alfonso De Prosperis, noto imprenditore della lavorazione del ferro a Ostia, e da sua moglie Angela Falqui, minacciando di morte e aggredendo lui e la sua famiglia, per farli desistere dal denunciare dei presunti abusi edilizi, risultati poi reali, con conseguente demolizione di un immobile abusivo, a seguito dell’esercizio di una vocatio in iusdi parte in sede civile, nonostante 2 vigilesse di Ostia, Patrizia Sgueglia ed Emanuela Spito, non li avessero notati arrivando a dichiarare che era tutto regolare.
“Io e mio fratello abbiamo sentito colpire il cancello — ricorda il leader dell’Idd ed ex direttore di Radio Roma — e abbiamo visto un uomo che non conoscevamo, accompagnato da Alfonso De Prosperis e Angela Falqui, quest’ultima proprietaria di un immobile dove erano in corso dei lavori imponenti per i quali avevamo presentato più esposti sempre caduti nel vuoto, che ha iniziato a minacciarci di morte e quando siamo scesi in strada ci ha colpiti, mio fratello anche con un bastone. Abbiamo saputo in seguito che si trattava del famigerato boss Armando Spada, lo stesso che ora è stato condannato per le minacce a Federica. Quando giunse sul posto una volante del commissariato di Ostia successe qualcosa quantomeno di strano. I componenti della pattuglia si rifiutarono di sequestrare il bastone con cui il criminale aveva colpito mio fratello, nonché di perquisirlo dopo che avevo loro riferito che a un certo punto lo stesso aveva portato la mano alla tasca come per estrarre un coltello. L’ipotesi era verosimilmente fondata alla luce del fatto che l’esponente mafioso qualche tempo dopo era stato arrestato in quanto aveva tagliato la gola a una persona con un’arma da taglio“.
A quanto pare il criminale avrebbe desistito dopo che il massimo esponente del movimento Italia dei Diritti, che era anche un poliziotto e storico sindacalista, prima del Siulp e poi della Uil Polizia, si sarebbe qualificato come appartenente alla Polizia di Stato.
“E’ incredibile e paradossale — continua De Pierro — che il procedimento penale avviato con la nostra denuncia, con un’informativa di P.G. redatta presso il commissariato di Ostia, sia stato affidato alla competenza decisionale del Giudice di Pace e sia finito vittima della mannaia della prescrizione prima che venisse esperita alcuna istruttoria dibattimentale. E’ questo il punto che non ho mai compreso e ancora mi perdo in una buia vallata di ipotesi. Federica Angeli, anni dopo l’episodio che mi ha visto vittima di Armando Spada, viene minacciata di morte dallo stesso personaggio. Una cosa gravissima che suscita giustamente l’indignazione di tutti e l’intervento deciso delle istituzioni. A Federica viene assegnata la tutela per motivi di sicurezza e ancora oggi mi risulta che goda di una sacrosanta protezione. Si giunge a un processo e ora possiamo registrare la sentenza di condanna, anche se di fatto inutile sotto il profilo pratico della pena da scontare da parte del condannato. Io e mio fratello, non solo siamo stati minacciati di morte, ma anche malmenati in concorso, con tanto di attestazione e previsione prognostica di un referto clinico, ma come legittimato a conoscere della vicenda viene individuato il Giudice di Pace e il procedimento addirittura viene inghiottito dalla palude della prescrizione prima ancora di far registrare alcuna istruttoria dibattimentale. Ma rispetto alla vicenda che coinvolge Federica nel mio caso c’è di più. Lei può solo, come chiunque creda nello stato di diritto, esprimere una cocente delusione per un procedimento che, causa la decorrenza dei termini prescrizionali, si ferma a una condanna in primo grado. Una disillusione con cui ho dovuto fare i conti anch’io e ciò sarebbe stato davvero poca cosa rispetto al detrimento che è stato arrecato alla mia persona e alle conseguente devastanti che mi hanno travolto. I signori De Prosperis e Falqui, i quali avevano accompagnato sotto casa mia, con la loro autovettura, il boss Spada per porre in essere l’atto intimidatorio in parola, presentarono una denuncia – querela contro di noi, probabilmente per attenuare la presenza ingombrante dello Spada, in cui si lasciarono andare ad affermazioni che sfidavano apoditticamente e senza alcun pudore le punte più alte del ridicolo, almeno per chi abbia il dono del buon senso e dell’obiettività valutativa. Dichiararono grottescamente che ‘il sig. Spada’ fu fatto nascondere nell’autovettura per evitare un suo coinvolgimento nell’aggressione che io e mio fratello avevano posto in essere contro di loro. In pratica chi aveva accompagnato in macchina il boss mafioso per minacciarci e aggredirci lamentava che noi avevamo usato violenza contro di loro e avevano fatto nascondere quest’ultimo, immagino molto spaventato, per non coinvolgerlo e proteggerlo dalla nostra aggressione.
Per ciò che riguarda il bastone servito per colpire mio fratello, il suo utilizzo nella bizzarra e fantasiosa ricostruzione dei denuncianti era cambiato. In base alla loro versione dei fatti era servito all’esponente mafioso Spada per difendersi da un ‘pericoloso animale’ che io gli avrei aizzato contro, con riferimento a un cane di sei mesi di vita, peraltro di mio fratello, che era uscito dall’abitazione saltellando inoffensivamente come qualsiasi cucciolo di quell’età è abituato a fare.
La relativa informativa di P.G., redatta presso la caserma dei Carabinieri di Casal Palocco e firmata dal maresciallo Giuseppe Liguori, allora comandante di stazione, indicò Armando Spada, autore dell’intimidazione mafiosa, come teste, ma non vennero riportati i suoi dati anagrafici (luogo e data di nascita), né fu scritto nulla sulla sua nota caratura criminale. Il conseguente procedimento penale che vedeva indagati me e mio fratello, con l’unica ‘colpa’ di aver subito un’aggressione da parte di un noto membro di vertice nella gerarchia di un clan malavitoso, non fece registrare alcuna istruttoria dibattimentale e fu inghiottito dalle sabbie mobili della prescrizione.
E per quanto fosse già abbondantemente paradossale quanto accaduto fino a quel momento, al pieno trionfo dell’assurdo non avevamo ancora assistito e mai avrei creduto che potesse accadere quanto si verificò successivamente, un’altra surreale vicenda che si incardinò nel vergognoso divenire fenomenico che si era dispiegato fino a qual momento, raggiungendo livelli di illogicità e irrazionalità ardui solo da ipotizzare per chi, come me, ha fatto della giustizia,della legalità e dell’etica un modus vivendi imprescindibile e immarcescibile nel suo percorso esistenziale. E invece no. Non mi era bastato quanto già occorsomi, una circostanza che da anni mi fa vivere col cuore stretto nel terrore, quello che Federica ha in parte mitigato con la tutela assegnatale. Nel mio caso chi avrebbe dovuto difendermi, o quantomeno preoccuparsi, anche solo umanamente di ciò che stavo vivendo, ha segnato per sempre il mio cammino biologico e professionale nella Polizia di Stato“.
Infatti De Pierro, poliziotto presso la Polizia di Frontiera di Fiumicino, per quei fatti ha subito un processo disciplinare con richiesta di destituzione. Senza ombra di dubbio può risultare strano e surreale, una trama filmica dello sceneggiatore più fantasioso, ma purtroppo e la triste realtà in cui si è trovato catapultato il reporter romano, noto anche per il suo impegno politico nelle istituzioni (è capogruppo dell’Italia dei Diritti, presso il Comune di Roccagiovine e nella Comunità Montana dell’Aniene, attualmente in liquidazione commissariale per favorire la trasformazione in Unione dei Comuni Montani, e consigliere in seno al consiglio dell’Unione dei Comuni Valle Ustica, nel territorio della Città Metropolitana di Roma Capitale, dove il movimento da lui presieduto conta ben 25 amministratori eletti).
Il dott. Tiziano Vetro, allora direttore della V Zona della Polizia di Frontiera di Fiumicino (parliamo del dicembre 2016), ha evidentemente ritenuto attendibili le strambe dichiarazioni di chi ha accompagnato il boss Spada in auto per aggredire l’agente – giornalista e l’ha deferito al Consiglio Provinciale di Disciplina. La funzionaria istruttrice Eva Claudia Cosentino, nominata dall’allora questore di Roma Nicolò D’Angelo, pur essendo stata resa compiutamente edotta sulla circostanza dell’aggressione di stampo mafioso, insistette per la rubricazione dell’estrema censura disciplinare individuata nella destituzione dai ruoli. Il Consiglio Provinciale di Disciplina, presieduto dal vice questore vicario Giovanni Battista Scali, lo ritenne comunque meritevole di sanzione, derubricata però in deplorazione, una proposta avallata e resa definitiva dal capo della Polizia Franco Gabrielli. Risultato: carriera bloccata. Infatti l’approdo decisionale compresse ogni opportunità di avanzamento carrieristico e di miglioramento economico per il numero uno dell’Idd e ne ha determinato l’esclusione dal concorso per l’accesso alla nomina di vice ispettore.
E’ innegabile che le ragioni della logica più elementare, contro le quali ha cozzato inesorabilmente nella congiuntura, si ribellano categoricamente di fronte a un provvedimento in cui la vittima di un’aggressione mafiosa, poliziotto, invece di essere tutelata, viene perseguita e punita come se fosse colpevole dalla Polizia di Stato, che la sanziona disciplinarmente.
“E’ lapalissiano — riprende De Pierro — che ogni criterio di diritto e di giustizia in questa circostanza sia spirato inesorabilmente e abbia dato vita al trionfo dell’iniquità più illogica e inspiegabile. Tanto più che dopo la notifica dell’inizio del procedimento sono stato inviato presso il Dipartimento Militare di Medicina Legale di Roma – Cecchignola al fine di verificare la mia idoneità, sotto il profilo clinico, al servizio, con il quesito diagnostico riferibile ad ansia reattiva situazionale, direi fisiologica nell’immediatezza della palese ingiustizia che mi ha visto vittima. Dopo un lungo periodo di convalescenza, a spese dei corpi collettivi, sono stato giudicato idoneo al servizio. A seguito delle notifiche dei provvedimenti che hanno suonato il de profundis per il mio avanzamento professionale e per ogni miglioramento economico, compresa l’esclusione dal concorso per accedere alla qualifica di vice ispettore, è stato deciso un nuovo invio presso la Cmo. Altro lungo periodo in malattia, sempre a carico della collettività, che avrebbe certamente evitato di pagare un dipendente in malattia se un bel giorno il dott. Tiziano Vetro non avesse attribuito affidabilità alle dichiarazioni di persone in rapporti con un famigerato clan malavitoso, peraltro senza alcun supporto istruttorio-dibattimentale, e avesse deciso di censurare disciplinarmente la vittima di un agguato mafioso, e poi è giunta la statuizione di non idoneità al servizio. Tradotto in termini pratici significa pensione baby a poco più di 50 anni sulle spalle di chi è costretto, dalle norme in vigenza sulla quiescenza, ad andare in pensione a 67 anni. Non potevo assolutamente accettare, sotto il profilo etico e morale, una cosa simile a danno dei cittadini, anche perché non solo io, ma chiunque mi conosce sa perfettamente che l’asserita ansia persistente da eventi stressanti, peraltro nel caso cagionata da una vicenda disciplinare che non avrebbe mai dovuto esistere in una dimensione valutativa di corretta applicazione della logica,prima che del diritto, tale da pregiudicare la mia efficienza operativa in servizio, è ben lontana dal mio reale stato clinico. Per di più, con mio sommo stupore, ho scorto tra le righe del verbale di riforma che io avrei, a loro dire, scarsi rapporti sociali, una circostanza che, con tutto il rispetto, mi fa ritenere inattendibile l’intera statuizione della Commissione Medica Ospedaliera della Cecchignola. Su questo mi piacerebbe che chi ha formulato tale assurdità circa i miei tratti di personalità, agevolmente confutabili da una semplice ricerca su qualsiasi motore di ricerca, a conferma della mia intensa e perpetua attività pubblica, si assuma le sue responsabilità e spieghi pubblicamente come sia giunto a tale conclusione tragicomica, che sta suscitando sonore risate da parte di chiunque ne venga a conoscenza.
Ora la pronuncia decisionale afferente alla mia idoneità al servizio, affinché non venga confermata l’attuale posizione che mi vede un baby pensionato a spese di chi dovrà, ahimè, suo malgrado, lavorare fino a età avanzata per pagare il mio trattamento di quiescenza, passa alla Commissione Interforze di II Istanza, che ha sede presso l’Ospedale Militare Celio di Roma ed è attualmente presieduta dal Brigadier Generale Mauro De Fulvio, l’organo di gravame deputato a conoscere dei ricorsi avverso le decisioni assunte dalle varie Cmo dislocate sul territorio nazionale, che ho adito nella speranza di veder riformare, melius re perpensa, la deliberazione promanante dai medici della Cecchignola e sancire il mio rientro in servizio, purtroppo con un pregiudizio incommensurabile in termini di progressione carrieristica ed economica, effetto dispiegato dal provvedimento assunto nei miei confronti, reo semplicemente di essere stato vittima di un’intimidazione mafiosa da parte del boss Armando Spada.
E’ questa la grande differenza che intercorre tra me e Federica Angeli. Lei ha potuto assistere al processo contro chi l’avrebbe minacciata. A me, non solo non è stato concesso ciò che dovrebbe essere logico in uno stato di diritto, ma ho addirittura dovuto subire conseguenze paradossali per aver denunciato. Colgo l’occasione di esprimere nei confronti di Federica il mio rammarico per non aver ricevuto mai una parola di conforto e solidarietà da parte sua in merito alla vicenda di cui sono stato e sono ancora vittima, cosa che io ho fatto, com’è noto, in più occasioni al suo indirizzo. E se prima ciò era un auspicio e un legittimo desiderio, purtroppo mai soddisfatti, ora, in virtù della sua recente nomina istituzionale in qualità di delegata alle periferie, è una pretesa, da cittadino romano legato alla sua città e paladino della legalità e della giustizia. In virtù della sua figura di personaggio antimafia esprima pubblicamente il suo parere sulla vicenda che vede me e la mia famiglia vittima di persone in rapporti con il clan Spada, dello stesso boss Armando Spada e di vari personaggi istituzionali che spesso hanno favorito, con le loro omissioni ai nostri danni, il clan stesso. E naturalmente sarebbe auspicabile anche che spendesse qualche parola sulle grottesche e gravissime conseguenze di tutto ciò sulla mia attività di poliziotto.
Questa è una richiesta che rivolgo anche alla sindaca Virginia Raggi, peraltro originaria di Roccagiovine, il comune dove siedo in consiglio comunale, la quale ha dichiarato, in occasione della condanna nei confronti di Armando Spada, di essere ‘sempre al fianco dei cittadini che denunciano e combattono con noi contro la criminalità’. Ebbene non mi risulta di averla mai vista al nostro fianco in questa battaglia per la legalità, né che abbia mai speso una sola parola in merito, pur essendo stata resa edotta più volte in merito alla kafkiana vicenda. Come non ho mai scorto la sua presenza in via Peio, all’Infernetto, per verificare al civico 34 le clamorose omissioni di 2 vigilesse capitoline, le quali, come ho già ampiamente dimostrato, sono riuscite a non vedere lapalissiani abusi perpetrati da persone in rapporti col clan Spada, asserendone peraltro addirittura la regolarità. Il tempo dei proclami è terminato. Alle parole auspicheremmo che seguissero azioni concrete, perché ogni denuncia rimasta inascoltata da parte di vittime di mafia, non solo è una sconfitta per le istituzioni democratiche e per tutto il parenchima sociale sano, ma è un regalo indiretto che si porge su un piatto d’argento allo stesso sistema mafioso, che si autoalimenta, purtroppo, grazie alle complicità reciproche con cellule deviate presenti, come spesso inchieste giudiziarie o giornalistiche mettono in luce, nell’apparato amministrativo. Decontaminare le istituzioni dalle infiltrazioni imponenti e pervasive che le hanno messe sotto scacco è una priorità imprescindibile e improcrastinabile, se vogliamo sperare nella palingenesi capitolina. In tal senso la sfida vincente del futuro risiede in un percorso di edificazione collettiva nel terreno della legalità”.
Mentre loro decidono per tutti comodamente adagiati sulle poltrone con stipendi da 10.000 euro, i piccoli imprenditori in tutta Italia stanno soccombendo e con loro i loro dipendenti.
Ricordiamo inoltre che sono ancora decine di migliaia i dipendenti che attendono la cassa integrazione.
In Italia il Fisco più pesante d’Europa, tasse al 48,2%
Analisi del Consiglio nazionale dei commercialisti: pressione fiscale sbilanciata verso i lavoratori dipendenti
Sei un lavoratore dipendente e hai due figli? In nessun Paese d’Europa pagheresti tante tasse quante ne paghi in Italia. Il dato emerge dall’”Analisi della pressione fiscale in Italia, in Europa e nel mondo. Struttura ed evoluzione dei principali indicatori di politica sociale” curata dal Consiglio e della Fondazione nazionale dei commercialisti. Secondo lo studio, l’Italia è “il Paese più tartassato dal Fisco in tutta Europa” e il peso della tassazione è più alto del 5,8% di quanto dichiarato, arrivando al 48,2%. L’analisi conferma anche che il peso della tassazione è sbilanciato verso il lavoro dipendente e le famiglie e che l’efficienza del sistema fiscale è bassissima, al 128esimo posto al mondo.
Secondo l’analisi dei professionisti, il 2019 è stato anche l’anno di una sgradita inversione di tendenza: dopo un quinquennio di ininterrotto calo della pressione fiscale, ecco di nuovo un brusco incremento di 0,7 punti che ha riportato il suo livello complessivo indietro di quattro anni.
Dopo l’ultimo pesante shock del 2012-2013 (+2,1%), nel quinquennio 2014-2018 si è verificato un significativo rientro (-1,7%), che ha riguardato, però, prevalentemente le imprese, dal momento che la pressione fiscale sulle famiglie, il cui gettito totale è pari a 323 miliardi di euro su un totale di 758,6 miliardi, non ha beneficiato di questa riduzione ed è, anzi, aumentata. La pressione fiscale sulle famiglie, calcolata mediante una rielaborazione della Fondazione nazionale dei commercialisti dei dati Istat, è risultata nel 2019 pari al 18,0%, in crescita di 0,3 punti rispetto al 2018.
Nonostante gli interventi sul cuneo fiscale degli ultimi anni, l’indicatore Ocse che misura il cuneo pone l’Italia ai primi posti in Europa: terzo posto per dipendente single con il 48% e primo posto per dipendente sposato con due figli con il 39,2%. Dall’analisi del gettito tributario per singola imposta, si evince, inoltre, che le prime dieci imposte (su 88 voci totali desumibili dalle tabelle Istat) coprono l’85% del totale. Lo stesso dato era pari all’82,3% nel 1995. C’è una tendenza alla concentrazione del prelievo tributario sulle imposte principali. Ad esempio, l’Irpef, che nel 2019 è la prima imposta con 176,8 miliardi di euro di gettito, copre il 34,2% del totale (+2% sul 1995), l’Iva, seconda imposta per gettito con 111,8 miliardi di euro, copre il 21,6% del totale (+1,3% sul 1995). Insieme, l’Irpef e l’Iva, coprono il 55,9% del gettito tributario totale (+3,3% sul 1995). Nel confronto internazionale, la pressione fiscale si mostra sbilanciata dal lato del lavoro rispetto al consumo. Infatti, nell’ultimo anno con dati disponibili per un confronto, il 2018, l’Italia si pone al settimo posto nel primo caso e al ventunesimo posto nel secondo.
In particolare, per il gettito Iva in rapporto al Pil, l’Italia si colloca al ventiseiesimo posto nella graduatoria EU27, mentre per il gettito dell’imposta personale sul reddito, l’Italia è al quinto posto. Nonostante l’eccezionale riduzione del Totale Tax Rate tra il 2006 e il 2020, l’indicatore di pressione fiscale sui profitti societari calcolato dalla banca mondiale per l’Italia sfiora il 60% risultando tra i più elevati in Europa. Particolarmente negativi risultano gli indici di efficienza del sistema fiscale misurati dalla Banca mondiale: nella speciale classifica del Paying taxes 2020, l’Italia scende al 128esimo posto gravata dai tempi lunghi stimati per gli adempimenti fiscali e per le fasi successive di gestione dei rimborsi e delle verifiche fiscali.
Il presidente del movimento esorta i cittadini a votare secondo coscienza ripudiando i “percorsi clientelari” e “le logiche del voto familiare”
Roma, 18 settembre 2020 – E’ quasi in dirittura d’arrivo la campagna elettorale con cui le forze politiche stanno cercando di intercettare e orientare il consenso dei cittadini chiamati alle urne il 20 e il 21 settembre prossimi per esprimersi sul referendum inerente al taglio dei parlamentari, sul rinnovo del presidente e del consiglio regionale di ben 7 regioni e dei sindaci e dei consessi consiliari di 962 comuni. Anche il movimento Italia dei Diritti, fondato e presieduto dal giornalista romano Antonello De Pierro, come di consueto ha presentato le sue liste in diversi comuni italiani. L’attenzione è particolarmente focalizzata sulla vicenda elettorale che porterà a eleggere i sindaci e l’assise consiliare di 3 comuni facenti parte della Valle dell’Aniene, dove è lapalissiano l’impegno profuso dal presidente De Pierro, trattandosi di un territorio a cui è particolarmente legato. Infatti il leader dell’Italia dei Diritti, è capogruppo della lista facente capo al movimento nel consiglio di Roccagiovine, è consigliere presso l’Unione dei Comuni Valle Ustica e già capogruppo, sotto il simbolo dell’Idd, di una squadra composta da 8 consiglieri presso la Comunità Montana dell’Aniene, subito dopo commissariata (appena 1 giorno, esattamente nell’ultimo dell’anno), con una tempistica quantomeno sospetta, per procederne alla liquidazione ai fini della trasformazione in Unione dei Comuni Montani. Una dedizione costante pertanto quella di De Pierro, che quest’anno passa per Percile, Roiate e Marano Equo, dove sono state presentate ben 6 liste. Solo a Percile una è stata ricusata dalla Commissione Elettorale e a concorrere ne sono rimaste dunque 5.
“Cambieremo Roccagiovine e tutta la Valle dell’Aniene” — aveva tuonato il giornalista romano dopo l’elezione a Roccagiovine, insieme ai consiglieri Dantina Salzano e Paolo Nanni. La frase pronunciata destò qualche preoccupata reazione da parte di qualche esponente politico locale, ma il Numero Uno dell’Italia dei Diritti non si scompose e continuò senza sosta l’attività intrapresa, al fine di tener fede alla promessa annunciata, che gli eventi successivi hanno tradotto nella realtà del tessuto sociopolitico della vasta zona, che comprende ben 31 comuni, costringendo a ricredersi coloro i quali l’avevano tacciata di essere il solito proclama retorico. A iniziare da Roccagiovine, dove “abbiamo trovato— rivela De Pierro — una situazione poco istituzionale,quasi “conviviale”,come la definì lo stesso sindaco in consiglio. Un’amministrazione che per 5 anni aveva trascinato la macchina amministrativa nella palude dell’inerzia e dell’immobilismo. Prima del consiglio di insediamento ci accorgemmo che non esisteva il regolamento consiliare, al quale il Tuoel, che regolamenta tutta l’attività degli enti locali, rimanda per la definizione di molti precetti ivi contenuti. Il sindaco Marco Bernardi stava giurando sulla Costituzione italiana, ma incredibilmente questa non era presente sotto il palmo della sua mano. Mi rendo conto che la cosa può risultare esilarante, ma la triste verità è questa. Chiedemmo immediatamente che ne venisse procurata una copia per ottemperare con tutti i crismi e secondo le prescrizioni normative in vigenza all’atto del giuramento. Dopo quest’esperienza salutai con grande entusiasmo il giuramento di Flavio De Santis, il neo eletto sindaco di Vallepietra, comune dove lo scorso anno siamo entrati a far parte dell’assise consiliare con 3 eletti e dove il clima collaborativo si è instaurato fin dal primo giorno. Questi non solo giurò, come prescritto sulla Carta Costituzionale, ma, con ampio senso delle istituzioni, distribuì una copia della legge fondamentale dello Stato a tutti i consiglieri insediandi. A Roccagiovine abbiamo offerto un’opposizione ad adiuvandum, all’insegna della piena collaborazione. Noi avevamo un’altra idea di come si fa politica. All’inizio abbiamo trovato molto contrasto da parte della maggioranza, ogni nostra proposta veniva categoricamente bocciata. ma poi devo riconoscere al sindaco Bernardi di aver iniziato a recepire qualche volta le nostre iniziative atte a migliorare l’assetto strutturale del paese, e sotto il profilo prettamente urbanistico e sotto quello sociale, e di conseguenza la qualità della vita dei cittadini roccatani. Sia ben chiaro che la nostra idea di benessere dei corpi collettivi è ancora molto lontana dall’attività esplicitata da parte della maggioranza capeggiata da Bernardi, ma è già un inizio di luce che illumina il buio amministrativo a cui si è assistito prima che noi venissimo eletti in consiglio. Purtroppo si tratta di competenze e di capacità gestionali di cui la maggioranza attualmente in carica a Roccagiovine non sembra molto dotata, risultando pertanto alquanto inadeguata a soddisfare compiutamente le istanze promananti dalla popolazione, ma non possiamo non prendere atto favorevolmente di una maggiore disponibilità al confronto dialogico con l’opposizione e di una formazione di volontà, di gran lunga superiore rispetto al passato, nell’espletare l’attività amministrativa“.
Il progetto innovativo lanciato dal presidente De Pierro e partito da Roccagiovine si è consolidato lo scorso anno, quando l’Italia dei Diritti ha ottenuto l’elezione di molti consiglieri nei comuni di Sambuci, Rocca Canterano e Vallepietra nella Valle dell’Aniene, e Capranica Prenestina, Castel San Pietro Romano e Pisoniano nel resto della Città Metropolitana di Roma Capitale. E se “in alcuni di questi — sottolinea il Numero Uno del movimento — in consiglio vige un clima di intesa e collaborazione, con l’unico obiettivo di perseguire gli interessi della cittadinanza, in altri la linea politica tracciata dalla maggioranza non è condivisibile con i principi fondanti e i valori dell’Idd. Pertanto se, per esempio, a Vallepietra e Rocca Canterano il nostro spirito ad adiuvandum è stato recepito dai sindaci Flavio De Santis e Fulvio Proietti e i cittadini possono godere di questo sodalizio collaborativo, quel valore aggiunto che opera solo a beneficio della collettività, obiettivo finale della nostra azione politica, ciò non posso dire, per esempio, per Sambuci e per Capranica Prenestina. A Sambuci, grazie a un’encomiabile presa di coscienza da parte di una fetta della maggioranza in consiglio, siamo stati costretti, con i nostri consiglieri Dantina Salzano, Maria Condò e Giovanni Ziantoni, a sfiduciare il sindaco Francesco Napoleoni, in quanto l’abbiamo ritenuto assolutamente inadeguato alla gestione amministrativa di un comune come Sambuci. A Capranica Prenestina, il nostro responsabile provinciale romano Carlo Spinelli, capogruppo dell’Idd in consiglio, è impegnato quotidianamente a contrastare l’attività della maggioranza guidata da Francesco Colagrossi, che, in base ai nostri parametri valutativi, ottimali per perseguire il benessere del parenchima sociale, non riteniamo capace di rispondere alle esigenze della popolazione.
Quando mi ero candidato a sindaco di Roccagiovine avevo dichiarato che avremmo cambiato Roccagiovine e tutta la Valle dell’Aniene e lo ripeto ancora con estrema convinzione. Il nostro progetto sta proseguendo senza sosta. Gran parte degli abitanti è imprigionata nelle logiche del voto familiare o peggio in percorsi clientelari che non permettono di esprimere liberamente il loro consenso. Noi stiamo cercando di liberare i cittadini della Valle dell’Aniene, ma anche del resto dell’Italia, da queste metastasi della democrazia, che attanagliano la loro coscienza espressiva. Quest’anno mi rivolgo agli elettori di Percile, Roiate e Marano Equo, dove siamo presenti con i candidati a sindaco Giovanni Ziantoni, Aurelio Tartaglia e Tony Gallo. Avete una grande opportunità di cambiare le cose. Noi abbiamo già dimostrato come quando si persegue solo l’interesse della cosa pubblica, evitando ogni distorsione di pensiero che possa deviare verso un tornaconto personale, la macchina amministrativa funziona. Sono solito dividere chi ambisce a occupare gli scranni istituzionali tra politici e politicanti. I politici sono quelli che come noi hanno a cuore gli interessi dei corpi collettivi. I politicanti sono tutta un’altra cosa, parrucconi e vecchie volpi, che mirano solo all’utilità soggettiva. E noi questi li cacceremo via. Serve un atto di coraggio per votare secondo coscienza e non seguendo il diktat imposto dai legami di sangue. Ora la scelta è degli elettori. Se nel segreto della cabina elettorale sapranno affidare alla razionalità l’espressione del loro voto allora assisteranno alla realizzazione delle loro legittime aspirazioni. Se invece seguiranno la logica del gregge, continueranno a schiantarsi sugli scogli della malapolitica e allora non avranno nemmeno il diritto di lamentarsi. Noi dell’Italia dei Diritti ci siamo. Percile, Roiate e Marano Equo meritano di più“.
Il presidente del movimento, che schiera Giuliana Rainaldi come candidata a sindaco, ritorna sulla polemica delle “liste civetta” e spiega perché i cittadini del borgo reatino non possono perdere questa “straordinaria opportunità” per far rinascere il paese
Roma, 4 settembre 2020 – Dopo la polemica sollevata nei giorni scorsi circa la definizione di “lista civetta” da parte di alcuni quotidiani, in riferimento alla presentazione della candidatura di Giuliana Rainaldi a sindaco di Marcetelli, sostenuta da dieci aspiranti consiglieri, il presidente del movimento Italia dei Diritti Antonello De Pierro è ritornato sull’argomento, rivendicando con decisione la scelta di concorrere per amministrare il comune più piccolo del Lazio, in provincia di Rieti.
“Come ho già avuto modo di chiarire — esordisce De Pierro — la nostra candidatura a Marcetelli non nasce per caso. Da presidente dell’Italia dei Diritti seguo personalmente, molto spesso, o delego a tale scopo i segretari provinciali, persone di estrema fiducia, il vaglio delle candidature nei territori, prediligendo sempre l’inserimento nelle liste di persone residenti in loco, e solo quando ciò non risulta possibile ci orientiamo verso uomini e donne non dimoranti in ambito comunale, ma sempre con un legame molto forte con la zona e un marcato impulso motivazionale a impegnarsi nelle istituzioni, espletando con tutti i crismi l’attribuzione mansionale affidata loro dall’espressione consensuale degli elettori, sempre nell’interesse supremo dei corpi collettivi. Così è avvenuto con Giuliana Rainaldi, per la cui designazione mi assumo ogni responsabilità, avendone appurato personalmente le qualità professionali e morali idonee per chi aspira a rivestire cariche elettive sotto l’egida del nostro movimento. E non solo. Giuliana, residente a Riofreddo, a soli 35 chilometri, da sempre frequenta il territorio di Marcetelli e dintorni, a cui è legatissima e ha deciso di scendere in campo proprio per colmare quelle lacune amministrative che chi ha occupato finora gli scranni decisionali ha permesso che si producessero, lasciando orfani i cittadini, i pochi che sono rimasti, di elementi fondamentali atti a soddisfare le esigenze più ovvie del divenire fenomenico della quotidiana esistenza“.
Poi il leader del movimento tiene a fugare ogni dubbio circa gli obiettivi della lista “Italia dei Diritti a Marcetelli: “Se a qualcuno non è ancora chiaro voglio puntualizzare che noi siamo qui per vincere. Marcetelli è un paese che fa registrare uno spopolamento di circa l’81%, un record in Italia. A nostro avviso chi ha amministrato finora non ha saputo rispondere pienamente alle esigenze gestionali di cui la realtà locale aveva bisogno. E se una maggioranza non riesce a soddisfare le istanze territoriali è giusto che lasci il posto a chi ha una competenza maggiore per assicurare il corretto espletamento delle attribuzioni mansionali che l’ordinamento giuridico pretende da chi riceve la fiducia mandataria da parte degli elettori .D’altronde se una maggioranza che ha gestito per cinque anni la macchina istituzionale di Marcetelli si sfalda a fine mandato con il risultato di dividersi e ripresentarsi all’elettorato con ben tre liste e pertanto tre nuove proposte politiche il fallimento è lapalissiano. Dal sindaco uscente, come dalle altre due liste che fanno riferimento a candidati del posto e, come già detto, a esponenti dell’ormai defunta maggioranza, francamente non vedo margini di miglioramento rispetto alla situazione attuale .Ciò mi preoccupa maggiormente perché significa che l’offerta politica nel paese è molto limitata .In pratica i cittadini si sono dovuti accontentare di ciò che si sono trovati a valutare senza poter optare per una valida alternativa. Noi, con la candidatura a sindaco di Giuliana Rainaldi, proponiamo quell’alternativa che a Marcetelli è finora mancata e un modo nuovo di fare politica, pressoché sconosciuto da quelle parti. Un’amministrazione comunale che si ritrova a fare i conti con uno spopolamento di queste dimensioni ha fallito sotto il profilo socioculturale e degli impulsi occupazionali. Per di più ci troviamo a dover prendere atto di una rete viaria stritolata dal degrado e pertanto pressoché impraticabile, che produce una sorta di semiisolamento di uno dei borghi più belli della provincia di Rieti. Mi riferisco alla strada provinciale Sp 29, che da tempo immemore non conosce attività manutentiva e impone a chi vuole recarsi a Marcetelli o a chi vuole raggiungere da Marcetelli l’autostrada A24 di cercare percorsi alternativi, con conseguente dilatazione dei tempi di percorrenza. E’ chiaro che sono tutti elementi ostativi che scoraggiano gli automobilisti. Ciò vale sia per i turisti che vogliono visitare il borgo, ma anche per tanti residenti che, desolati, optano per andare a stabilire altrove la propria dimora abituale. A me personalmente è stato sconsigliato da più parti di percorrere la Sp 29 a meno che non l’avessi fatto con un suv. E’ incredibile. Non siamo in Africa. I cittadini di Marcetelli, che pagano regolarmente le imposte, hanno tutto il diritto di raggiungere agevolmente e in sicurezza il loro paese. Qualcuno obietterà che la competenza amministrativa della provinciale 29 non è comunale. Certamente. Ma un’amministrazione comunale che, dopo tanti anni, non riesce a ottenere la messa in sicurezza di una strada nodale per la vita della comunità che è chiamata a governare, vuol dire che non è in grado di dialogare esaustivamente con gli altri enti per garantire i bisogni basilari della cittadinanza. Quest’anno i cittadini di Marcetelli hanno una straordinaria opportunità. In passato non era mai avvenuto. Possono scegliere la nuova linfa vitale rappresentata dall’Italia dei Diritti, con Giuliana Rainaldi sindaco, e pertanto un radicale cambiamento che possa donare al paese opportunità insperate finora, esprimendo il loro consenso con l’apertura di profonde e lunghe parentesi riflessive e affidandolo alla razionalità e non alla logica del voto familiare. Altrimenti potranno scegliere di accontentarsi, come hanno fatto in passato, e condannare il paese in cui vivono all’immobilismo a cui l’amministrazione uscente li ha abituati. Per quanto il sindaco abbia criminalizzato l’ingresso in consiglio di ‘forestieri’, posso solo affermare che nei molti paesi in cui sediamo in consiglio comunale stiamo facendo soffiare il vento del cambiamento e demolendo sistemi dall’antico sapore feudale fornendo il nostro contributo ad adiuvandum per rendere più efficace la macchina amministrativa, con un enorme vantaggio per la cittadinanza“.